Un’analisi sulle attuali classificazioni e le loro criticità
L’emozione definisce l’essere umano forse più della cognizione e guida ogni esperienza che ci caratterizza. Arte, musica e letteratura sono possibili grazie all’infinita gamma di emozioni che siamo in grado di provare. Tuttavia, questa complessità emotiva rende difficile stabilire cosa sia la “normalità” e distinguere le eventuali deviazioni da essa.
I disturbi dell’umore sono tra le diagnosi di salute mentale più diffuse a livello globale, con la depressione che colpisce circa il 4,4% della popolazione mondiale e il disturbo bipolare oltre l’1%. Tuttavia, la corretta diagnosi di queste condizioni è spesso problematica, con il disturbo bipolare, in particolare il tipo II, che viene frequentemente scambiato per disturbo depressivo maggiore, portando a ritardi significativi nel trattamento e conseguenze gravi per i pazienti.
Questo è uno dei principali argomenti affrontati nella tesi di laurea magistrale di Benedetta Gasperini, dal titolo:
“Diagnosi dei disturbi dell’umore e conseguenti implicazioni per il trattamento: una revisione critica della letteratura”, discussa presso l’Università degli Studi di Padova.
La classificazione dei disturbi dell’umore: tra storia e limiti attuali
Storicamente, il concetto di disturbi dell’umore ha subito varie trasformazioni. Prima della pubblicazione del DSM-III (1980), la psichiatria tradizionale seguiva il modello della malattia maniaco-depressiva di Kraepelin, che riuniva sotto un unico ombrello diagnostico tutte le forme di depressione e mania. Tuttavia, il DSM-III ha separato nettamente il disturbo bipolare e il disturbo depressivo maggiore (MDD), creando due entità distinte.
Questa divisione, però, non è completamente supportata dalle evidenze cliniche e neuropsicologiche. Gli studi indicano che esiste un’ampia sovrapposizione tra i due disturbi e che molti pazienti con depressione ricorrente potrebbero rientrare in un “spettro bipolare”, non adeguatamente riconosciuto dalle attuali classificazioni.
I problemi della diagnosi e le conseguenze per i pazienti
Uno dei punti centrali della tesi di Gasperini riguarda il ritardo diagnostico del disturbo bipolare, soprattutto di tipo II. In media, passano fino a 12 anni prima che un paziente con BD-II riceva una diagnosi corretta. Questo ritardo è dovuto a diversi fattori:
- Sovrapposizione dei sintomi con la depressione unipolare
- Difficoltà nel riconoscere episodi ipomaniacali, che spesso non vengono segnalati dai pazienti
- Uso improprio degli antidepressivi, che possono mascherare i sintomi bipolari o addirittura peggiorarli
Questa situazione ha conseguenze gravi: senza una corretta diagnosi, i pazienti ricevono trattamenti inadeguati, aumentando il rischio di cronicizzazione, suicidio e peggioramento della qualità della vita.
Le nuove prospettive: lo spettro bipolare
Negli ultimi anni, alcuni studiosi hanno proposto di ampliare il concetto di disturbo bipolare, introducendo il concetto di spettro bipolare, che includerebbe forme sotto-soglia non ancora riconosciute dalle attuali classificazioni (DSM-5 e ICD-10).
L’idea dello spettro bipolare si basa su diversi fattori:
- Familiarità genetica con il disturbo bipolare
- Episodi di depressione atipica o mista
- Storia di ipomania indotta da farmaci antidepressivi
- Frequenza elevata di episodi depressivi
Questa prospettiva, approfondita nella tesi di Gasperini, suggerisce che un numero significativo di pazienti diagnosticati con MDD potrebbe in realtà appartenere allo spettro bipolare e quindi beneficiare di strategie terapeutiche diverse.
Conclusioni e prospettive future
La revisione della letteratura condotta nella tesi mette in luce le criticità dell’attuale classificazione dei disturbi dell’umore e la necessità di un approccio più flessibile. Una diagnosi più accurata potrebbe ridurre i casi di trattamento errato, migliorare la qualità della vita dei pazienti e fornire nuove direzioni per la ricerca sulla psicopatologia dell’umore.
Per approfondire questi temi, è possibile leggere la tesi completa al seguente link:
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Questo articolo è basato sulla tesi di laurea magistrale di Benedetta Gasperini discussa presso l’Università degli Studi di Padova.